venerdì 24 giugno 2011

The Tempest (sub ITA)

Un film di Julie Taymor. Con Russell Brand, Alfred Molina, Helen Mirren, Alan Cumming, Djimon Hounsou, Chris Cooper, David Strathairn, Ben Whishaw, Felicity Jones, Tom Conti, Reeve Carney, Jude Akuwidike
Drammatico, durata 110 min.
USA 2010.
Una tempesta di enormi proporzioni spinge sulle rive di un’isola lavica l’equipaggio di un a nave. Ne fanno parte dei nobili che furono la causa della rovina di Prospera , signora di Milano. Ora la donna è divenuta una maga potente e ha provocato la turbolenza per potersi vendicare. Prospera vive sull’isola con la figlia Miranda, il fedele Ariel e il ribelle Caliban. L’incontro tra il figlio del nemico re Ferdinando e Miranda spingerà Prospera a rivedere i suoi piani. Julie Taymor torna a Shakespeare. Dopo aver esordito con una lettura tanto spiazzante quanto visionaria di uno dei testi più difficili del Bardo (“Tito Andronico” divenuto Titus) affronta ora una delle ultime commedie a lui attribuite per intero e che ha costituito l’esordio a teatro della regista. L’impresa si può dire riuscita grazie alla totale adesione di Helen Mirren al ruolo principale femminilizzato. Perché Taymor decide di trasformare il nobile studioso di arti magiche in una donna e l’impalcatura costruita da Shakespeare regge. La Mirren offre tutta la sua fisicità segnata dal tempo a un personaggio destinato a veder dissolvere il castello di odio accumulato negli anni (così come suggerisce l’immagine che accompagna il titolo). L’adesione al testo shakespeariano per quanto riguarda il linguaggio trova un’ulteriore ed efficace variante nel finale. Il monologo, che molti ritengono un addio dell’autore all’arte, è stato trasformato nella canzone che accompagna il precipitare sul fondo del mare dei volumi di Prospera. Quello che sembra essere invece meno riuscito è il contesto visivo. Perché se spesso Ariel (emerso dalle acque così come Caliban è un tutt’uno con la terra) sfreccia nel cielo come se fosse un esperimento di Muybridge, Taymor, spogliandosi di gran parte della scenografia artificiale, è come se svuotasse in una certa misura una delle specificità del suo essere regista. Il riempire lo spazio di elementi scenici talvolta onirici, talaltra simbolici ma sempre estremamente significanti è stato fondamentale nelle sue opere precedenti. Qui, tranne le eccezioni della corte milanese e dell’antro di Prospera, è il contesto naturale a divenire valido ma anche monocorde sfondo all’azione. Si tratta certamente di un atto di coraggio che mira a concentrare l’azione e l’attenzione dello spettatore sull’azione e, soprattutto, sulla parola. Ma che talvolta fa rimpiangere la visionarietà del passato.
(SUB ITA)

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